In svariate situazioni cerco di osservare il comportamento delle persone intorno a me, i loro gesti, le loro azioni ed il modo di approcciarsi con gli altri e – quasi sempre – formulo lo stesso pensiero (sotto forma di domanda): ma per quale folle motivo cerchiamo tutti di essere ciò che nel profondo dell’esistere non si è? Non è un ammonimento o un giudizio, piuttosto cerca di essere una domanda ausiliatrice nel percorso di soluzione oggettiva del problema che mi pongo, quello di mancata comprensione dell’intenzione di esistenza del prossimo.
Il nocciolo centrale della questione è: nel momento in cui una persona esiste, compie un ventaglio di azioni costanti, ripetute nella sua vita e che svolge grazie ad un bagaglio esperienziale diretto, accumulato con il suo stesso agire. Quest’ultimo, nel lungo cammino della vita, viene naturalmente influenzato dall’agire degli altri individui con cui viene in contatto e da questa contaminazione interumana nasce l’essere, composto eterogeneo di più personalità.
La propria attitudine all’essere, l’intenzione più o meno naturale e spontanea nel vivere la quotidianità rimane tuttavia imprescindibilmente soggettiva. Ognuno di noi possiede infatti un’identità di base, una propria essenza che dovrebbe in un certo senso determinarlo e indirizzarne i comportamenti. Questa identità si adagia, come un chicco di melograno perfettamente alla sua buccia, agli schemi sociali preimpostati con il fine di vivere un’esistenza tranquilla e sinergica con il resto della società. Da questo punto il sentiero prende tre direzioni:
- ci si dimentica chi si è in realtà, omologandosi alla massa e seguendone il flusso incessante;
- si preserva intatto il proprio essere mantenendosi integrati nella società;
- si assumono dei comportamenti che non ci appartengono con il fine di omologarsi con un diverso ruolo all’interno della società.
Quest’ultimo assunto per me rappresenta l’elemento più pericoloso di tutti. Lo dico alla luce di una società contaminata più che mai dai gruppi sociali elettronici, i social network. La sottile membrana che divide il mondo social, il mondo reale esterno ed il mondo interiore si sta forando sempre di più, lasciando permeare inesorabilmente il ciò che si è online da il ciò che si è con gli altri e dal ciò che semplicemente, si è.
Questa rottura comporta una propensione all’essere ciò che non si è: gli altri.
Mantenere una propria identità ed essenza consente di scegliere, vivere, agire e relazionarsi in maniera sana e lineare, non farà di crollare il castello delle relazioni e sarà più semplice vivere più serenamente tutti i contesti.