Non mi nascondo: spesso sono pigro. Ma forse, penso tra me e me, tutti un pochino siamo lo siamo a volte. Probabilmente è una cosa naturale: i momenti di stanchezza fisica e psicologica sono come il gatto e la volpe, ti prendono a braccetto e ti portano su un divano comodo, a rilassarti.
In quei momenti si avverte una sensazione conosciuta di piacere, un morbido e caldo momento di distensione in cui il corpo non deve compiere nessun tipo di sforzo e siamo tranquilli, agiati.
Rilassati, ci domandiamo: perché muoversi?
Qui – figurativamente – sorge un enorme problema. Non ci si accorge come, in alcune situazioni di vita, passiamo più ore seduti che in piedi. Questo è un elemento fortemente pericoloso, sotto molteplici punti di vista e in primis per l’aspetto fisico del nostro corpo biologico. Passare tante ore seduti e inattivi riduce il nostro dispendio energetico e blocca le nostre articolazioni per ore, costringendole ad una posizione fissa. Da un punto di vista psicologico si prova una finta sensazione di benessere, ingannati da un apparente “bene-stare“. In realtà l’inattività è una prigione psicologica, un paese dei balocchi in cui si decostruisce piano piano il nostro innatismo attivo.
E come l'”appetito vien mangiando”, si può dire anche che “pigrizia porta pigrizia” e meno ci rendiamo attivi, meno viene da esserlo. La domanda ora diventa:
perché non muoversi?
È una domanda retorica, o meglio, incompleta. Nei fatti pratici non si ravvedono vantaggi tangibili nell’essere inattivi e nel non muoversi: da un punto di vista fisico si hanno gravi compromissioni se l’inattività perdura nel tempo ed è quotidiana.
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Gratuita.