Il corpo può farsi strumento e questo è reso possibile grazie alla nostra innata sensibilità creativa e di ascolto che ci consente di trasformare semplici e rudimentali suoni in vere e proprie melodie. Siamo anche in grado di associare questi suoni emotivamente organizzati a movimenti del corpo e di unirli insieme a quelli di altri soggetti. È da qui che nasce la possibilità di danzare insieme, di cantare e cooperare per costruire un’atmosfera di pace e di unione comune. In questo senso l’uomo si dimostra essere vivente sociale, capace di comunicare e di farlo coralmente. È incredibile notare come le danze siano poi differenti radicalmente nei colori, negli strumenti, nei suoni e nei significati in base alla regione geografica nella quale ci si trova. L’elemento che mi meraviglia ancora di più è che nonostante la comunità umana sia stata in grado di diversificarsi nei colori e nelle culture, sia stata in grado di rimanere globalmente incentrata in maniera naturale su valori come la vita, l’amore e la morte.
In questo articolo ho deciso di parlare dell’Adamu: una danza del popolo Masai, popolo e cultura radicati nei meravigliosi territori in Tanzania e in Kenya. Oltre che essere un momento umanamente straordinario, è un monumento di pura essenza corporale e di strumento naturale: i guerrieri e le donne si riuniscono in un unicum armonico e cominciano ad emettere suoni e melodie. I guerrieri si alternano e cominciano a saltare, uno alla volta, verso il cielo, ricercando altezze sempre maggiori per dimostrare il loro valore. Nel momento in cui un guerriero è stanco si fa da parte e ne subentrano altri. Si tratta di un rito che accompagna diversi momenti della vita di un gruppo masai: passaggi di vita, cerimonie e occasioni particolari.
L’elemento che più mi ha portato a riflettere è l’estrema e pura connessione tra il corpo e il movimento che è fuoco vivo in questo genere di danza: il guerriero che è in grado di elevarsi in aria premendo al terreno con la sola superficie delle dita dei piedi, le sue gambe armoniche ma possenti che dolcemente si contraggono lasciano posto ai tessuti meravigliosamente confezionati e colorati che adornano il corpo e che oscillano energicamente e in maniera disordinata in volo. La ricerca di compostezza e di eleganza e l’espressione umile ma sicura del volto che ricerca l’altezza, il coro di suoni ed armonie vocali che incoraggia il guerriero cambiando tonalità ed intensità sulla base dell’altezza del salto: tutto si focalizza sul corpo e sul comunicare un messaggio tramite il singolare movimento.
Sembra incredibile ma l’Adamu, la danza che salta, è un fenomeno corporale che ci riporta in una dimensione antica, ma da ricordare e da conservare gelosamente: l’umanità ricerca nei suoi passaggi d’età e di stato dei segni e li riconosce trasformandoli in cambiamenti tangibili. Il desiderio naturale di raggiungere altezze sempre maggiori è insito nella donna e nell’uomo: ricerchiamo nuove altezze consapevoli di crescere e di maturare. Questo però non deve farci dimenticare che siamo immersi nel mondo naturale e che noi stessi siamo natura. È forse un caso che il termine “Adamu” ricordi etimologicamente “Adamo”: questo ci possa ricordare l’estremo valore della connessione primordiale tra il corpo e la natura. Solo grazie ad essa siamo stati in grado di costruire la nostra evoluzione e ci siamo resi corpo e movimento dentro un contesto meravigliosamente definito.
L’articolo più bello finora 😍🎶💪🍃
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