Suono

La realtà del suono è astratta, non posso né vederlo né tantomeno toccarlo, riesco solo a percepirne l’entità: percepisco una vibrazione e una perturbazione dell’aere intorno a me, ma non si tratta di un’instabilità tangibile, è totalmente astratta e viva. Così ascolto e riesco a identificare un insieme di suoni che si intrecciano e si mischiano, si infrangono come oceano su di me. Si alzano e s’infrangono con un ritmo deciso e artificiale, ma sono in grado di trasportarmi nel loro essere melodico in una nuova dimensione.

Ho cercato a lungo una risposta materiale a questo arcobaleno insieme di sonorità, ma mi sono accorto di sbagliare il luogo di ricerca: non puoi cercare fuoco nell’acqua come non puoi cercare materialità nell’emozione sonora.

Per questo la sonorità, per me, diventa un viaggio: un flusso.

Il viaggio comincia fisicamente esternamente dal mio corpo: una sorgente è in grado di emettere delle vibrazioni che giungono solo successivamente al mio orecchio: non sono io il centro. La propagazione della vibrazione si trasforma in impulso: la mia nervosità accetta l’impulso e lo trasforma in un messaggio. Con un’incredibile intuitività innata metabolizzo cognitivamente ed emotivamente l’informazione e la trasformo in un sentimento, un’emozione intangibile.

Il viaggio prosegue e l’emozione si trasforma in risposta del corpo, che si adatta al suono e si muove internamente provocandomi sentimento tramutato in fisicità tangibile: se la sonorità che percepisco si allinea con ricordi felici o mi fa provare positività comincio a percepire una sensazione di tranquillità, un calore umano che mi riscalda. Se l’emozione cresce il mio ritmo di vita aumenta e non riesco a mantenere il mio corpo in staticità, la pura gioia mi ferma la voce e mi muovo. Ricerco una fisicità nell’impulso, devo riuscire a condividere il mio status sereno in ogni movimento costruito sull’emozione umana a partire dalla sonorità che si tramuta in un movimento consapevole, la danza. Non s’intenda solamente l’arte, tutti possono danzare, anzi sono fermamente convinto che ogni essere umano danzi nella sua dimensione singolare.

Mi accorgo che lo stesso cammino viene percorso dal flusso della musica nel caso in cui le emozioni siano negative. Non riesco a stare fermo, provo dolore, rabbia e cerco in ogni modo una predisposizione fisica che mi protegga ed entro nella mia dimensione. Mi oppongo, cerco di chiudermi su me stesso e di proteggermi, vulnerabile. Cambio suono, o se non posso, ricerco nel movimento la serenità privata dalle vibrazioni che per me sono negative.

Il viaggio delle vibrazioni è arrivato alla sua fine: il suono è finito. Non posso più percepirlo nell’aere ma continuo a sentirne il riverbero nell’animo, un eco sensibile: una scia. Questa scia è incredibile e sconosciuta, crea dei solchi nel mio status che rimangono intatti. Mi accorgo così che il suono non ha dimensione spazio-temporale: sono in grado di memorizzarlo, di replicarlo con il mio corpo o con un strumento e posso conservarne l’essenza pura nel mio animo.

L’intreccio tra il corpo, il movimento e il suono è fitto e complesso nella misura in cui non riusciremmo quasi a distinguerne i limiti se il corpo non fosse materiale. L’oceano del suono è in grado di allagare con onde immense le infinite stanze del mio essere provocando una vibrazione simultanea, intensa. Per questo motivo non ci si può esimere dal ricercare come il corpo risponde al suono se si ricerca il significato profondo del corpo stesso e del movimento. Questo perché il fisico stesso è in grado di produrre dei suoni che ci mettono in relazione con gli altri fisici, creando una rete melodica intangibile.

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